Gavino, Proto e Gianuario, perseguitati dall’imperatore Diocleziano, furono martirizzati nella colonia romana di Turris Libisonis – oggi area archeologica - a inizio IV secolo. A loro è dedicato un maestoso monumento, eretto nell’XI secolo e avvolto nel mistero di episodi leggendari. La basilica di san Gavino si erge sul Monte Agellu al centro di Porto Torres, che fu dapprima necropoli romana e paleocristiana, poi sede di due chiese (V-VII secolo), i cui resti furono inglobati nella cripta della basilica. Scenderai lungo una galleria appositamente scavata per accogliere, in artistici sarcofagi, le reliquie dei martiri, scoperte nel 1614, oggi meta di devozione di migliaia di fedeli. E ammirerai la moltitudine di reperti emersi dagli scavi e custoditi nell’Antiquiarium Turritano: tombe abbellite con mosaici e affreschi, statue e una cisterna bizantina.
Cattedrale quando la città, per un millennio (484-1441), fu sede episcopale, San Gavino sorge tra due cortili, gli atri Comita e Metropoli: il primo deriva il nome dal giudice di Torres che commissionò la costruzione della chiesa a maestri pisani. Si narra che i corpi dei martiri sarebbero stati rinvenuti dal giudice in seguito a un prodigio: durante una grave malattia, Gavino gli apparve in sogno promettendogli la guarigione se avesse cercato i corpi perché ricevessero degna sepoltura. Scoperti nelle tombe vicine all’attuale chiesetta di Balai, furono trasferiti nella basilica. In onore dell’episodio, il 3 maggio, ogni anno, si celebra la solenne processione della Festha Manna.
Scoprirai le peculiarità della basilica: la particolare pianta longitudinale – la chiesa è lunga 58 metri, il triplo di quanto è larga - l’‘anomalia’ delle due absidi contrapposte e l’assenza di facciata. L’esterno è scandito da lesene e archetti pensili e ha gli ingressi sui lati lunghi: a nord un portale romanico con rappresentazioni di Adamo ed Eva, a sud un portale gotico-catalano. Dalla grandiosità dell’esterno passerai al fascino discreto dell’interno, rischiarato dalla luce di monofore che si riflette su tre navate, divise da arcate sorrette da 22 colonne in granito rosa e marmo grigio, derivanti da edifici di età romana e bizantina. La struttura longitudinale è chiusa su ambo i lati minori da un’abside.