Il suo abitato si eleva sull’altopiano di Campeda, a metà strada circa tra Macomer, da cui dista 12 chilometri, e Bosa, da cui ne dista 17. Sindia è un paese di mille e 700 abitanti, basato essenzialmente sull’allevamento. Sin dall’Antichità è stato ‘crocevia’ strategico tra Planargia, cui appartiene, Marghine e Montiferru, come testimoniano varie vestigia romane, specie tratti di strade secondarie e ruderi dei ponti di Oinu e sul riu Carrabusu. Resti ceramiche e sepolture romane furono rinvenute anche in tre - sa Mandra, Sant’Arvara e Corizanas - dei circa 40 nuraghi del territorio. Immerso tra pascoli e boschi di sugherete, ammirerai il monumentale nuraghe Santa Barbara. La maggiore testimonianza della civiltà nuragica è la tomba di Giganti di Furrighesu, risalente a un’età compresa tra Bronzo medio e recente: ne osserverai quasi intatti corridoio e camera funeraria e parte dell’esedra. Vicino sorgono il nuraghe omonimo e un dolmen. Nel giardino di un palazzo nobiliare ottocentesco, casa Virdis, sorge il nuraghe omonimo, noto anche come Gianbasile. Probabile che attorno ad esso e alle zone di Coa pira e Maraseche, sorse il primo abitato di Sindia, costituito da pinnettas (tradizionali abitazioni a cono dei pastori).
Il nome Sindia è attestato per la prima volta nel condaghe di San Nicola di Trullas. Nel nucleo originario, a metà XII secolo, si concentrarono gli abitanti di altri piccoli centri rurali sparsi, attratti dalla Grangia, azienda agricola legata (così come tutta la storia del paese) all’abbazia e alla chiesa di Santa Maria di Corte e al monastero dei frati cistercensi, concessi loro da Gonario I giudice di Torres, come risulta dal Liber Iudicum Turritanorum. Della chiesa, detta anche di Cabbu abbas (caput aquae) perché vicina a fonti sorgive e costruita a croce commissa in conci di vulcanite scura, oggi ammirerai l’abside, la parte meridionale del transetto, su cui si aprono due cappelle, e la sacrestia. Nostra Signora di Corte si celebra a inizio settembre con novena, veglia e una cena nel piazzale della chiesa. I cistercensi, insieme ai lavoratori dell’azienda, costruirono anche la chiesa di San Pietro attorno alla metà del XII secolo. L’edificio, anch’esso in vulcanite scura, ha un’unica navata voltata a botte ogivale. L’attuale parrocchiale è Nostra Signora del Rosario, cui si affiancano le chiese di Santa Croce, San Demetrio, festeggiato a metà ottobre, e San Giorgio, celebrato insieme ai santi Raffaele e Isidoro tre settimane dopo Pasqua con una corsa equestre a pariglie che si ripete per tre giorni. Vicino al paese da non perdere la riserva naturale di Sant’Antonio, con agrifogli, lecci, roverelle e sughere.