All’apparenza è un ‘consueto’ cono di origine vulcanica, che si staglia di fronte all’abitato di un centro del basso Campidano, in realtà custodisce varie domus de Janas – due dall’aspetto originale -, una scalinata monumentale che conduce a un’area sacra e alcuni villaggi, uno protagonista di una scoperta clamorosa e controversa. Monte Zara è uno dei rilievi che ‘proteggono’ a est il territorio di Monastir, accanto ad esso corre la statale 131 ‘Carlo Felice’, l’arteria stradale che attraversa tutta l’Isola. Dalla strada, procedendo verso Cagliari, potrai scorgere due cavità adiacenti, collocate sul versante settentrionale: sono le domus de Janas dette is Ogus de su monti, ovvero ‘gli occhi del monte’. Si tratta di due sepolture affiancate ma indipendenti, con portale d’ingresso ben scolpito, anticamera e cella funeraria.
Il fianco nord ospita altre quattro tombe: una conserva solo la camera principale; la seconda, che aveva in origine un ingresso a pozzetto, mostra all’interno della cella una nicchia e un bancone; anche la terza tomba sembrerebbe avere un ingresso a pozzetto; mentre la quarta ha dimensioni più ampie e forse ospitava due banconi. Un altro gruppo di domus sparse occupa il versante meridionale del monte. Le sepolture sono state datate tra fine del Neolitico e inizio dell’Eneolitico, a cavallo tra IV e III millennio a.C.
Sulla cima del monte osserverai una scalinata di 60 gradini ricavata dalla roccia, che conduce a due altari rupestri, con due pozzi nelle vicinanze. Più a valle, invece, nel pendio occidentale, si estende il villaggio di Bia ‘e Monti. L’insediamento, risalente al IX secolo a.C., comprende una quarantina tra capanne circolari e strutture quadrangolari. L’edificio circolare più grande ha restituito una macina, un forno, cocci con tracce d’olio e, soprattutto, un manufatto dall’aspetto di un torchio, che conteneva tracce di acido tartarico. La sostanza si produce durante la spremitura dell’uva, pertanto testimonierebbe la produzione di vino a Monte Zara in età nuragica. Per altri, invece, si tratterebbe di un modellino di nuraghe usato a scopi cultuali.
Necropoli e villaggi furono abbandonati per diversi secoli, Monte Zara fu nuovamente frequentato a scopo religioso e funerario in epoca punica e poi romana, durante le quali fu eretta una cinta muraria difensiva. Nella vicina collina di is Aruttas esplorerai un’altra necropoli, composta da cinque domus de Janas scavate in un bancone granitico. Dal Neolitico al Medioevo, il salto ti richiederà poche decine di metri: l’adiacente cima del Monte Olladiri ospita i resti del castello di Baratuli. Posizione strategica e arduo accesso lo rendevano di grande importanza tra XII e XIV secolo. Tra i suoi proprietari anche la famiglia pisana della Gherardesca, la stessa che deteneva il castello di Acquafredda a Siliqua.