Le sue bellezze naturali, tra cui spiccano l’oasi di Badde manna e le alture trachitiche di Corona Alta, e le sue origini medievali hanno contribuito all’ingresso nei Borghi autentici d’Italia. Banari è un paesino di circa 600 abitanti del Meilogu, sub-regione storica del Logudoro, a mezzora d’auto da Sassari, disteso ai piedi del colle Pale Idda e circondato da rilievi e corsi d’acqua. Citato in una bolla papale del 1125, nacque dalla fusione della villa di Vanari con due centri monastici, San Lorenzo e San Michele. I principali edifici di culto del centro abitato sono proprio la parrocchiale di San Lorenzo martire, in origine del XII secolo, riedificata nel XVIII e con facciata neoclassica del XIX, e la chiesa di San Michele arcangelo costruita in forme romaniche anch’essa nel XII secolo e più volte restaurata. Entrambe furono donate nel 1113 dal giudice di Torres ai monaci camaldolesi. Durante l’ampliamento di San Lorenzo, fu rinvenuta una pietra sepolcrale contenente reliquie e pergamene che attestano l’anno di costruzione. Il patrono è celebrato a metà agosto. Vicino alla parrocchiale sorge l’oratorio di Santa Croce, costruito tra XVI e XVII secolo: colpisce per la facciata in pietra rossa. In una fertile vallata accanto al paese, c’è il complesso di Santa Maria di Cea (secondo XII secolo), costituito da chiesa romanica con facciata in conci calcarei ed edifici noti come ‘romitorio’. La festa della Madonna di Cea è l’8 settembre.
Banari vanta anche un patrimonio monumentale storico-artistico: spicca l’ottocentesco palazzo comunale, che si erge in piazza sas Bovedas, fulcro della vita sociale. L’offerta culturale è ben espressa dal museo d’arte contemporanea, che, all’interno di un palazzo nobiliare duecentesco, espone opere di artisti degli anni Cinquanta del XX secolo. Spirito e autenticità del borgo si sprigionano a dicembre, in Carrelas in festa, con prodotti tipici, abiti tradizionali e antichi mestieri. Visiterai le botteghe di fabbri, pellai e ceramisti: i manufatti in terracotta sono esportati in tutta l’Isola. L’artigianato è attività principale insieme ad allevamento e agricoltura. La tradizione agropastorale si rispecchia nella cucina, caratterizzata da prodotti genuini e ricette antiche. Da non perdere la sagra della cipolla dorata, eccellenza locale. Dolci tipici sono biancheddus, meringhe con mandorle; e cozzuleddas frittelle con miele e arancio.
Il toponimo potrebbe derivare dai Balari, popolo di età nuragica,. A proposito di nuraghi, nel territorio se ne contano una decina, alcuni ben conservati: in trachite rossa sa Tanchitta e Corona Alta, in pietra bianca su Crapione e Buffulinu. I blocchi di quest’ultimo sono stati riusati per costruire una delle venti pinnettas che caratterizzano un territorio abitato dal Neolitico. Lo confermano varie domus de Janas, chiamate coroneddos: quattro dette di ziu Juanne (due minori ricavate nella roccia e due di dimensioni notevoli) e la domu de su Crapione, scavata nel tufo.