L’origine è fenicio-punica, poi in età romana divenne Gurulis Vetus, citata dal geografo Tolomeo: secondo leggenda, gli abitanti la abbandonarono per fondare Gurulis Nova (odierna Cuglieri), alle pendici del Montiferru. Padria è un piccolo centro di poco più di 600 abitanti ai margini sud-occidentali del Logudoro-Meilogu. Il suo territorio si distende nella valle del Temo e suoi affluenti. Uno di essi, su’ Entale, prima di immettersi nel fiume maggiore, attraversa un profondo canyon, creando suggestive cascate, scenario di itinerari di trekking. Su’ Entale segna il confine con Bosa, collegata a Padria dalla statale 292, le cui scenografiche curve sono amate dai motociclisti.
Al centro del paese, su spaziose piazzette, si affacciano palazzi nobiliari in trachite e calcare, edifici in pietra vulcanica e abitazioni con architravi scolpiti dai picapedras locali con motivi di scuola catalana. La parte più antica dell’abitato si posa sulle vestigia romane con vie convergenti verso il colle san Paolo, una delle tre colline ‘sante’ che proteggono Padria. In cima al colle, scoprirai un bastione murario di 65 metri, costruito in conci di pietra, rudere di una fortezza fenicio-punica, sulle cui spoglie sorse, nel XVI secolo, il palazzo baronale della famiglia De Ferrera, detto su Palattu. Altre importanti eredità archeologiche sono in zona Iscalines (o San Giuseppe), che ha restituito testimonianze che vanno dal periodo cartaginese a età romana. Le tracce più evidenti della dominazione di Roma sono tre ponti lungo il Temo: Ettòri, Ulumu ed Enas. Vicino al terzo c’è l’antica miniera d’argento di Salghertalzu, sfruttata dai romani. Numerosi anche i siti preistorici: 40 nuraghi sono disseminati, in posizione strategica, nel territorio padriese, quasi uno a chilometro quadrato. In gran parte sono monotorre con copertura a tholos, alcuni complessi, tra cui il nuraghe Longu. Attorno alle torri vedrai resti di capanne di estesi villaggi. Nel museo civico archeologico, allestito nell’ex monte granatico, osserverai una collezione di reperti di ogni epoca: dal neolitico al periodo compreso tra III secolo a.C. e III d.C. Accanto al museo, sorge uno dei maggiori esempi sardi, per eleganza, proporzioni e raffinatezze, di architettura religiosa di stampo castigliano: la parrocchiale di santa Giulia martire, riedificata nel 1520. L’unica navata è divisa in cinque campate voltate a crociera da arconi a sesto acuto. Una cornice divide la facciata in due ordini, nel primo si apre un portale gigliato. La santa viene celebrata il 22 maggio. Altre chiese sono Santa Maria degli Angeli, Santa Croce e San Giuseppe.