Si adagia ai piedi del colle San Sebastiano, in cima al quale svetta una chiesetta campestre. Villanova Tulo è un paesino di mille abitanti sulla sponda destra del Flumendosa, nella regione storica del Sarcidano. L’economia è agropastorale con produzione di ottimi formaggi e coltivazione di cereali, ortaggi e frutta. Dal centro abitato godrai di una vista panoramica sul suo patrimonio naturalistico: vallata del fiume, lago Flumendosa e rigogliosa foresta di Pantaleo, con piante secolari.
L’attuale paese si formò a metà XIV secolo. Un tempo erano due borghi, Villanova e Tulo, il villaggio più antico, il cui nome, secondo alcuni studiosi, deriverebbe da Tullio, funzionario romano fondatore del villaggio. Un’ipotesi supportata da una prova materiale delle sue origini: in paese è conservato un arco di epoca romana. Il centro storico è arricchito, oltre che da architetture rurali tradizionali, dai murales di Pinuccio Sciola ispirati all’opera dello scrittore Benvenuto Lobina, il cittadino più famoso di Villanova Tulo (1914-93), che rese celebre il suo paese natale offrendone un vivido quadro nel romanzo (in nuorese) Po cantu Biddanoa. A lui è dedicata anche una statua bronzea di Piergiorgio Gometz. Al centro spicca la parrocchiale di san Giuliano, rifatta nel 1663 in forme gotico-aragonesi, su un precedente edificio. A tre chilometri dal paese sorge la stazione lungo il tracciato del Trenino Verde che va da Mandas a Tortolì-Arbatax. L’antica linea ferroviaria, unico mezzo per scoprire alcuni angoli incontaminati di Sardegna, ‘scavalca’ il Flumendosa, proprio nel punto dove il fiume si getta nel lago.
Il territorio di Villanova Tulo fu abitato almeno dal Bronzo antico, come dimostrano le sepolture nelle grotte di is Janas e di Frumosa. Il sito più importante è in cima a un rilievo, vicino al paese: l’area archeologica del nuraghe Adoni, costituito da una torre centrale, un bastione quadrilobato (a quattro torri), un possente antemurale e capanne di un villaggio. Noterai anche scale, nicchie e cortine. Le tecniche edilizie testimoniano varie fasi di costruzione. Negli scavi sono stati rinvenuti circa 40 oggetti in bronzo, in gran parte frammentari (asce, punte di giavellotto, puntali di lancia, lamine), e numerosi frammenti fittili, databili tra Bronzo recente e finale (1350-1150 a.C.): scodelle, ciotole, vasi, olle. Spicca il frammento di un’oinochoe bronzea a becco rilevato, tipologia diffusa in Etruria a fine VI secolo a.C., spesso esportato in altre regioni, ma non in Sardegna. Un ripostiglio di vasi, venuto alla luce nella scala di una torre, documenta il riuso del complesso nuragico in età tardoantica (VI secolo d.C.).