Luce e colori delle sue campagne, ‘tappezzate’ di vigne e frutteti, e di tappeti e abiti tradizionali hanno ispirato pittori della prima metà del XX secolo. Atzara è un delizioso borgo di origine medievale del Mandrolisai, ai confini tra le province di Nuoro e Oristano, fondato forse intorno all’anno mille. La tradizione indica il primo insediamento nella località Bigia ‘e josso, vicino a una fonte. Il paese, uno dei cinque borghi sardi più belli d’Italia, abitato da oltre mille abitanti, conserva oggi il tessuto urbano di epoca catalana, con architetture basse in granito e soffitte coperte da travi di quercia. Le case dei rioni più antichi presentano decorazioni a scalpello sulle cornici di porte e finestre. Attorno boschi e colli coltivati a vigna, da cui si ottiene un famoso vino nero (mandrolisai, appunto), da accompagnare con i ‘gioielli’ della tradizione dolciaria: is bucconettes e su gattou, a base di mandorle, e sa tumballa ‘e latte. A maggio, da non perdere la sagra del vino.
Molto raffinata è la tradizione tessile, in particolare tappeti e costumi tradizionali. Atzara è famosa non solo per luce e colori dei suoi panorami ma anche per la particolarità dell’abito femminile, col caratteristico copricapo (sa tiagiola), divenuto protagonista delle opere di grandi pittori della prima metà del Novecento. Il paese ha ospitato costumbristi spagnoli Chicharro Agüera, Ortiz Echagüe e De Quirós, affascinati da abiti e tradizioni popolari. Atzara diventò centro di elaborazione di un linguaggio pittorico autoctono d’ispirazione iberica, nonché meta di soggiorno di importanti artisti sardi: Antonio Ballero, Giuseppe Biasi, Francesco Ciusa, Mario Delitala, Stanis Dessì, Filippo Figari, celebrati nel centro storico dal museo d’arte moderna e contemporanea, intitolato ad Antonio Ortiz Echagüe, autore del dipinto più famoso, ‘Donne di Sardegna’. Il museo, allestito in un edificio ottocentesco ristrutturato, è articolato in sala storica, con immagini del paese di inizio Novecento, sala artistica con opere di pittori stranieri, italiani e sardi, e parte dedicata a mostre temporanee.
Nel centro storico merita una visita la parrocchiale di sant’Antioco, pregevole esempio di architettura gotico-catalana risalente a fine XV secolo. All’interno sono ospitati due altari lignei di età barocca, una statua della Madonna con bambino (fine XVI secolo) e argenterie cinquecentesche. È sede della festa del patrono, a metà novembre: in passato per l’occasione ai forestieri era offerto su pane ‘e sapa, altro dolce tipico. Di fattura romanica è la chiesa di santa Maria bambina, forse la più antica di un territorio costellato di testimonianze preistoriche: domus de Janas, tombe di Giganti e nuraghi, tra cui Abba Gadda, ben conservato.