È definita ‘chiesa-museo’ per via dei suoi preziosi arredi, ha trascorso decenni di trascuratezza e oblìo, per poi tornare agli antichi splendori, ospitando nuovamente il simulacro del patrono del paese. La chiesa parrocchiale di Sagama, intitolata a San Gabriele arcangelo, risale ai primi anni del XVII secolo. Ma, in realtà, poggia su resti di precedenti strutture, visibili nell’aula. Fu edificata da maestranze – forse picapedrers – sassaresi, i quali in base agli accordi dovevano usare come modello la chiesa di San Giacomo di Sassari. Per molti, è una delle chiese più belle della Planargia, anche grazie alla posizione: domina su una piazza-sagrato rialzata la verde vallata di Badde ‘e Sagama.
Nella facciata, realizzata in conci di pietra tufacea, noterai la divisione in tre ordini tramite cornicioni. Alla sommità si imposta il timpano curvilineo, mentre un altro timpano, triangolare, sovrasta il portale d’ingresso. A sinistra svetta il campanile, sormontato da un curioso cupolino a cipolla. Fino al secolo scorso era circondata da un recinto, poi demolito per realizzare l’attuale tratto del corso Vittorio Emanuele III. L’aula è a navata unica, con volta a botte e otto cappelle, quattro per lato. Vi è custodita la preziosa statua lignea del XIV secolo, raffigurante il santo titolare. Tra gli altri arredi, ammirerai vari quadri di scuola settecentesca, tra cui una Natività e una Pietà, altari in legno e un pulpito coevo alla chiesa.
Fino ai primi decenni del XX secolo, chiesa e sagrato erano teatro di una grande festa religiosa, con bancarelle ospitate dentro il recinto. San Gabriele era anche una popolare meta di pellegrinaggi. Dal Dopoguerra iniziò una fase di declino: complice anche la perdita dell’autonomia del Comune – divenuto qualche anno prima frazione di Suni -, la chiesa fu pesantemente trascurata, altri santuari campestri caddero in rovina e il simulacro fu trasferito a Bosa. Sagama rifiorì verso la fine del XX secolo, con la ricostruzione e il restauro delle sue chiese e con il ritorno del ‘suo’ santo, il cui simulacro era stato restaurato e conservato in una teca. La festa, sentitissima anche dagli abitanti dei paesi vicini, si svolge il 24 marzo.
Il territorio circostante è ricco di eredità nuragiche. A nord si ergono quattro ‘sentinelle’, il nuraghe e il protonuraghe Molineddu, il nuraghe poligonale Funtanedda e, vicinissimo alla parrocchiale, il monotorre Muristene. Nelle campagne troverai anche resti di tombe di Giganti e domus de Janas.