Uno scenario magico che fa tornare bambini, fatto di roccia e fantasia, creato dall’acqua in centinaia di milioni di anni. Le grotte di is Zuddas, uniche al mondo per le loro peculiarità, sono una straordinaria opportunità di scoperta delle bellezze del sottosuolo. Le grotte fanno parte di un complesso reticolo di cavità sotterranee carsiche che si aprono nel calcare cambrico del monte Meana, in realtà un colle alto appena 240 metri ma che ha riservato numerose sorprese agli speleologi. Il loro ingresso dista sei chilometri da Santadi, centro del basso Sulcis celebre per attrazioni naturali, tradizioni secolari e ottimi prodotti enogastronomici. La prima parte delle cavità fu scoperta negli anni Sessanta del XX secolo attraverso un cunicolo naturale e usata come cava di marmo.
Nel 1968 alcuni cavatori aprirono un ingresso artificiale alternativo. Proprio all’ingresso, resistono le tracce del prolagus sardus, un roditore esistito solo in Sardegna e Corsica, estinto circa quattro secoli fa. Negli anni Settanta vari gruppi speleologici scoprirono nuovi cunicoli, intervallati da sale, che si sviluppano in totale per 1650 metri. Al loro interno la temperatura è costante: 16 gradi. Ogni sala, però, si differenzia per dimensioni, varietà e particolarità delle stupende e imponenti concrezioni che ne tappezzano cavità e pareti. Nel 1985 la grotta fu aperta al pubblico: nel percorso turistico, lungo mezzo chilometro, accanto a spettacolari stalattiti, stalagmiti e colate simuli a cascate pietrificate, ammirerai stalattiti tubolari, ossia sottilissime ‘cannule’, e delicatissime aragoniti aciculari, cioè grossi ciuffi di cristalli simili ad aghi che accrescendosi hanno generato candide forme arborescenti, i ‘fiori di roccia’. E poi ci sono le eccentriche di aragonite, caratteristica e simbolo di is Zuddas, costituite da un intreccio di filamenti che si sono sviluppati in ogni direzione, nel più totale disordine, quasi vincendo la forza di gravità, fino ad assumere forme bizzarre, come ‘fili impazziti’. La loro formazione, oggetto di studi, è ancora avvolta nel mistero. Questi ‘ricami’ di un bianco abbagliante sono concentrati e ricoprono l’intera volta della sala delle eccentriche, ambiente che rende is Zuddas uniche al mondo. Suo preludio è l’imponente salone del Teatro. Grandiosa è anche la sala dell’organo, che deve il nome a una colonna, unione di stalattite e stalagmite, che ricorda lo strumento musicale a canne, ornato da svariate fogge, mentre le pareti sono ricoperte da cristalli di bianchissime aragoniti aghiformi. Al suo interno a Natale viene allestito un presepe, arricchito dalle sculture in trachite di Giovanni Salidu.
La visita a is Zuddas dura circa un ora, poi proseguirai il tour speleologico nelle altre grotte di Santadi: ‘del campanaccio’, ‘della capra’ e, soprattutto, a su Benatzu, o grotta Pirosu - dal nome del suo scopritore - al cui interno è stato individuato un santuario nuragico. Sulla parete di fondo, una stalagmite funge da altare. Ai suoi piedi c’è un pozzetto d’acqua, dove sono stati trovati duemila manufatti in metallo, custoditi nel museo archeologico del paese, insieme a reperti di altri siti, in particolare di Pani Loriga, che presenta stratificazioni dal IV millennio a.C. sino all’VIII secolo d.C. A Santadi le testimonianze preistoriche sono tantissime, specie nuragiche, come la tomba di Giganti di Barrancu Mannu. Altra peculiarità del centro sulcitano è il patrimonio boschivo che rientra nel parco di Gutturu Mannu. Nella frazione di Pantaleo ti immergerai in una foresta con alberi secolari. Il paese è forte di una tradizione vinicola da vertici mondiali grazie al carignano, nonché di ottimi formaggi, miele, olio d’oliva, prelibati pani e dolci tipici. A proposito di tradizioni, le scoprirai nella casa-museo sa Domu Antiga e le ‘vivrai’ a inizio agosto, durante il Matrimonio mauritano, la manifestazione santadese per eccellenza.