Un tesoro da scoprire, per il fascino inconsueto di villaggi, impianti ed edifici, abbandonati e ‘riconquistati’ dalla natura, e da preservare, per onorare la memoria di migliaia di minatori che spesero la vita nelle profondità della terra. Il Parco geominerario storico e ambientale della Sardegna nasce 'ufficialmente' nel 2001, ma già nel 1997 l’Unesco lo dichiarava il primo dell’allora nascente rete mondiale dei geositi riconosciuti dall’organizzazione internazionale. Nonostante il progetto della rete non sia proseguito, rimane il pioniere mondiale di questa tipologia di parchi, nonché un unicum per caratteristiche ambientali, geologiche e paesaggistiche. Deve la sua unicità alla combinazione tra attività dell’uomo e natura, un’intreccio che ha plasmato paesaggio e cultura, lasciando in eredità un patrimonio inimitabile di archeologia mineraria.
Una terra antichissima, caratterizzata da una successione di eventi geologici a partire da 500 milioni di anni fa: conseguenza è stata la formazione di mineralizzazioni di varia tipologia e in grande quantità. Inevitabile lo sfruttamento, avvenuto fin dal commercio dell’ossidiana in età preistorica, passando per l’uso di bronzo e piombo in epoca nuragica e per i giacimenti sfruttati da punici, romani e pisani, fino al proliferare delle concessioni estrattive – oltre 250 da metà XIX secolo – distribuite quasi dappertutto sull’Isola. Le maggiori concentrazioni a sud-ovest, a sud-est, a nord-ovest e al centro, ovvero dove oggi sorgono le otto aree che compongono il parco, per un totale di circa 3800 chilometri quadri, compresi nel territorio di ben 86 comuni.
Gli edifici minerari ‘simbolo’ dell'area dell’Iglesiente si affacciano sul mare, racchiusi in pochi chilometri: la laveria Lamarmora a Nebida, Porto Flavia a Masua, galleria Henry a Buggerru. Verso l’interno, a due passi da Iglesias, impossibile non restare incantati dalla bellezza della grotta di Santa Barbara e affascinati dalla storia del villaggio minerario di Monteponi. In città, da visitare il museo dell’arte mineraria. Altri ‘gioielli’ naturalistici e archeologici si celano in piccoli centri: la grotta San Giovanni poco fuori Domusnovas, le grotte di Su Mannau e il tempio di Antas a Fluminimaggiore, l’area archeologica di Matzanni a Vallermosa e il villaggio nuragico di Seruci a Gonnesa.
Il massiccio montuoso del Marganai, i cui boschi nascondono villaggi fantasma e impianti minerari abbandonati, si collega al Monte Linas tramite l’altopiano di Oridda. Da qui, verso nord, si estende l’area dell’Arburese-Guspinese. Anche qui domina l’acqua: quella delle spettacolari cascate di Sa Spendula, Muru Mannu e Piscina Irgas e quella del mare della Costa Verde. I villaggi minerari di Montevecchio e Ingurtosu testimoniano effimeri periodi di prosperità, con le loro eleganti palazzine della direzione, e di innovazione tecnologica. Tanti sentieri conducono dai monti al mare, invitando a scoprire l’aspetto selvaggio del territorio in bici, a cavallo o facendo trekking.
L’area più vasta e, di conseguenza, dalla maggiore varietà di paesaggi copre l’estremità sud-ovest dell’Isola, estendendosi attorno al parco regionale di Gutturu Mannu. Il Sulcis ‘abbraccia’ un territorio che va dall’isola di San Pietro a Capoterra. Le principali tracce minerarie si trovano a Carbonia e a Narcao, rispettivamente con la miniera di Serbariu e la laveria di Rosas. Mentre, nel corso dei millenni sono sorti monumenti ‘magnetici’: il castello di Acquafredda a Siliqua, l’ex cattedrale di Santa Maria nel borgo ‘vecchio’ di Tratalias, le catacombe di Sant’Antioco e i siti archeologici di Nuxis, Santadi e Villaperuccio. La costa, poi, risplende di straordinarie spiagge in pittoresche località: Portoscuso, Carloforte, Teulada, Chia e Pula.
L’area del Monte Arci è un museo a cielo aperto: dalle eredità prenuragiche e nuragiche alle lollas ottocentesche, passando per tracce fenicio-puniche, romane e medievali, come quelle di età giudicale di Oristano. Origine e storia del commercio dell’ossidiana sono in mostra al geomuseo del Monte Arci di Masullas e al museo dell’ossidiana a Pau. L’Arci è anche tanto, tantissimo verde. Il parco regionale comprende 270 chilometri quadri, attorno al monte dominano le leccete, accompagnate da sugherete, boschi di roverella e macchia mediterranea. All’‘immersione’ nell’ambiente è associato un tour culturale: il territorio vanta un’ampia concentrazione di chiese romaniche, ognuna dotata di peculiarità uniche.
La ‘via dell'argento’ è oggi un percorso di trekking e mountain bike che si snoda tra pareti di scisto e granito, ginepri secolari e macchia mediterranea, corsi d’acqua, villaggi abbandonati e resti di binari e vagoni. Attraversa il filone argentifero del Sarrabus, area che, tra XIX e XX secolo, assieme al Gerrei rappresentava il secondo distretto minerario della Sardegna per importanza. A testimoniare quell’epoca, i ruderi di Tacconis (Burcei), Monte Narba (San Vito) e Baccu Arrodas (Muravera). Mentre l’antimonio era il minerale che rese importante la miniera di Su Suergiu a Villasalto: un bosco cela villaggio ed ex impianti estrattivi, tra cui il museo archeologico-industriale dell’attività mineraria, allestito nell’ex palazzo della direzione.
Tra le Barbagie di Belvì e Seulo e il Sarcidano si estende l’area di Funtana Raminosa, il cui nome svela quale minerale fosse estratto, il rame, e ne suggerisce anche la portata. La miniera, nel territorio di Gadoni, è uno splendido esempio di archeologia industriale, con macchinari, gallerie, pozzi ed edifici. La sua storia affonda le radici nell’età nuragica: sono stati rinvenuti tunnel e ‘cantieri’ millenari, con attorno fonderie dove si lavorava il bronzo. I monti circostanti sono habitat di mufloni e aquile reali, il paesaggio regala meraviglie come la cascata Sa Stiddiosa, le piscine naturali Is Caddaias, il tunnel-cascata di Su Stampu 'e su Turrunu, per non parlare dei borghi, ricchi di tradizioni, da Seui ad Aritzo, passando per Sadali, Seulo e lo stesso Gadoni.
La Sardegna centrale ospita l’area di Orani-Guzzurra-Sos Enattos, divisa in due parti, ognuna gravitante attorno a un monte dalla forte valenza spirituale: Monte Gonare e Monte Albo. Nel territorio di Orani si estende l’area omonima, che ospita cave di marmo e granito e dove, nei primi decenni del XX secolo, si estraevano talco e steatite. La cima del monte è meta di pellegrinaggio, grazie al santuario di Nostra Signora di Gonare, mentre il paese custodice opere di Nivola e Delitala. Più a nord-est, il territorio di Lula ospita due miniere ricche di piombo, zinco, rame e argento: Guzzurra e Sos Enattos. Quest’ultima è candidata a ospitare l'Einstein Telescope. Lula si anima a inizio ottobre, con la processione all’alba nel santuario di San Francesco.
Nord-ovest e nord-est sono ‘associate’ nell’area Argentiera-Nurra-Gallura. Il tratto di costa tra Capo Caccia e Porto Palmas è un mosaico di bellezze naturali, come le grotte di Nettuno e di Nereo, ‘sorvegliati’ da antiche torri di guardia spagnole, completato da un sito dove già i romani sfruttavano giacimenti di piombo e zinco argentifero. Oggi l’Argentiera è un affascinante villaggio ‘quasi’ fantasma affacciato sul mare, sede di un museo e di eventi culturali. Non molto lontano dal litorale della Gallura, invece, si continua a estrarre granito, esportato in tutto il mondo, qui l’irresistibile richiamo è quello dei colori e dei profumi di una costa paradisiaca.